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- Ma interessa questa poesia? -

 

Sostanzialmente la poesia riveste un interesse relativo, oggigiorno: quella contemporanea, poi, non è letta che da pochissimi. Si può dire sia più difficile ascoltarla che scriverla, in ogni caso. Infatti si assiste ad un’impennata di premi letterari e libri autoprodotti che in rarissime occasioni sfociano in un concreto interesse da parte degli addetti al giudizio.

La poesia racconta sempre le stesse cose, è un tantino noiosa a volte: i sentimenti profondi dell’uomo sono certamente l’amore, l’amicizia, insomma la sensibilità che teniamo: e nessuno si sogna di discuterla.

Quello che invece andrebbe dibattuto con franchezza ma senza eccessi verbosi è il modo, il metodo con cui si persegue l’essere poeti. Chi scrive versi difficilmente ha le caratteristiche di un protagonista di un reality televisivo. Va però totalmente ridiscussa la figura ideale del poeta moderno: per quale ragione deve spesso nascondersi, dietro uno scrivente, una persona timida e timorosa? Eppure ,detto fuori dai denti, questo è il ritratto attuale dell’essere poeti. Dove c’è insicurezza e problematicità (che spesso non coincidono con la profondità espressiva) ecco presente uno che si diletta di poesia. Certo, vi sono detrattori molto più cinici i quali vedono dietro ogni poeta un non-realizzato: ma è critica eccessiva, generalizzare non è giusto. Però è un fatto che sempre più persone si sentano poeti pur non avendo le caratteristiche: ma d’altronde, a ben pensarci, nessuna persona è completamente poeta anche quando attraversa i momenti più ispirati di creatività. O forse tutti lo siamo.

Viene il dubbio: è un caso che i premi letterari e i tentativi poetici siano nettamente aumentati da quando in Italia vi sono i reality show? Probabilmente no, in quanto l’ansia di apparire va di pari passo con la consapevolezza, comune a molti, che soltanto vedendosi e riconoscendosi si possa essere sicuri di se stessi. E’ una questione delicata, insomma: la poesia comunque non si improvvisa ed è certamente un genere che senz’altro non è su un viale del tramonto qualsiasi, almeno dal punto di vista quantitativo. Sulla qualità molto vi sarebbe da dire: e un esempio classico è il prossimo. Nei cosiddetti ‘happening’ letterari, quante persone non direttamente coinvolte sono attente all’altrui lettura? E quante realmente considerano validi i versi che stanno ascoltando? Viceversa: quanti versi possono e potranno avere lo status di opere rilevanti? Trattasi di domande volutamente retoriche alle quali si possono in ogni caso dare risposte diverse. 

Sarebbe opportuna una maggiore selezione, e un po’ di buonismo in meno, innanzitutto per correttezza verso chi avverte il bisogno (legittimo) di verseggiare.  Privilegiare insomma l’originalità a scapito della banalità che vira verso il carino. Se un film ha la carineria in sé, tutti noi lo ricordiamo facilmente, ma le poesie…verba volant, non lo dimentichiamo. Scrivere fa bene; scrivere troppo non sempre aiuta; scrivere e sperare di ottenere qualcosa, è atteggiamento addirittura sconsigliabile. Chi vuole poetare non deve giudicare ciò che ha scritto, né avere troppe aspettative. La scrittura potrebbe essere (è) una valida alternativa all’apatia, ma solo se attuata con sagacia e rispetto.

 

Domandare non è un atto di buonsenso; chiedere, a volte, sì.

Essere socievoli è la massima forma di correttezza.

Fa più scalpore un estroso, mentre un timoroso non farà mai notizia.

Grandi idee e galanteria vanno quasi sempre d’accordo.

 

26 aprile 2006

Matteo Cogorno

 

   
     

 

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