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- Tradizioni di un popolo fiero: i Lakota -

 

Foto di Nativo americano

 

Volevo, per prima cosa, salutare tutti coloro che per interesse o curiosità si appresteranno a leggere il seguente articolo. Tutto ciò che scrivo è diretta conseguenza di esperienze personali, di alcuni libri e convegni che ho seguito.

Fin dai 14 anni ho avuto contatti coi Nativi americani che tutti volgarmente chiamano pellerossa (“targa” che loro dispregiano). Prima conoscevo poco di queste genti fiere e fantastiche. Vedevo film che raccontavano di come il “regale” esercito americano abbia sbaragliato questi “vagabondi” e “ladri”, delle gesta eroiche di John Wayne (che io ritengo il più odioso tra gli attori americani) credendo che quella fosse la realtà. In seguito mi capitò di partecipare ad un raduno di Nativi americani che si teneva dalle mie parti (Ercolano). Mi convinse un amico più grande di me, io all’epoca avevo solo 14 anni. Posso giurarvi che da quel giorno ho amato queste persone che mi accolsero con un calore speciale, davvero unico.

Sono diventato membro adottivo di una tribù e proprio di questa tribù vi parlerò.

Il mio articolo inizierà con un dato sconcertante:

 

nel 1492, quando si ha il primo conteggio dei Nativi americani,

le tribù allora presenti sul suolo delle tre americhe erano circa 583.

 

Oggi ce ne sono una settantina (o almeno quelle più numerose) e voi vi starete chiedendo: “ma i conti non tornano, le altre tribù?”

Beh, sono state semplicemente distrutte, si sono estinte! Vari membri di alcune tribù, che sono state annientate, sono stati poi accolti in altre, ed ora i loro discendenti fanno parte di queste tribù adottive.

 

Vi parlerò della tribù dei Lakota, anche se parlare di tribù è offensivo.

 

Dobbiamo pensare a questa tribù come ad una nazione, per esempio l’Italia. Tale “nazione” è suddivisa in sette tribù (che sono chiamati i sette fuochi sacri), e tutta la gente appartenente a queste tribù parla la stessa lingua, ha le stesse divinità, si veste all’incirca allo stesso modo, come in ogni regione d’Italia si parla un diverso dialetto. Ogni nostra regione è come una piccola nazione, e così lo sono anche queste tribù.

Possiamo sottolineare che i Lakota (detti anche Dakota) sono conosciuti meglio sotto il nome Sioux (che si pronuncia sciù). Questo non è il loro vero nome, infatti gli è stato dato da una tribù loro nemica, i Crow. Sioux, in lingua Crow, si traduce, infatti, con “nemici”. Sono talmente abituati a questo nome che oggi è quello che loro utilizzano comunemente (o almeno le persone con cui ho avuto contatti). Geograficamente si parla di Indiani delle praterie, poiché abitavano le praterie del Nord America, e avevano un gran territorio dove spostarsi (dato che spesso andavano anche in Canada, soprattutto per scappare dall’esercito Americano). Questo articolo non sarà un susseguirsi di date e nomi, per questo potete comprare libri e atlanti storici; in questo articolo verrà trattata più “umanamente” la questione indiana. Ve la presenterò “dall’interno”, da come l’hanno vissuta gli stessi Lakota (storia terribile e angosciante, paragonabile a ciò che hanno subito gli ebrei). Sì, anche i Lakota sono stati introdotti con la forza in campi di concentramento, chiamati dallo stato americano: riserve!

Ogni volta che sento questo nome rabbrividisco, e provo un senso di nausea e rabbia.

Ma parliamo d’altro!

Prima che gli americani diventassero un problema per i Nativi americani, intorno alla fine del 1700, i Lakota conducevano una vita armoniosa.

La famiglia, che noi “bianchi” possiamo definire “famiglia allargata”, era composta da 10-12 individui che vivevano tutti dentro lo stesso tepee. Non possiamo catalogare la tipica famiglia Lakota secondo i nostri canoni, ma possiamo dire che era quasi matriarcale. La nonna faceva tutto: amministrava i pochi beni familiari e accudiva i nipotini fino ad una certa età. Appena essi compivano 7-8 anni passavano sotto la guida del padre o degli zii o dei nonni. Gli insegnavano tutto ciò che c’era da sapere sulla caccia, sulla guerra, ma soprattutto sulla religione. Tutti conoscevano la loro religione e seguivano le sue dolci regole, ed è per questo che nel “campo” non vi era un apparato legislativo, il capo-tribù non emanava leggi. Ciò avvenne in seguito, solo quando vennero a contatto con l’uomo bianco. Ad ogni Lakota da piccolo gli venivano insegnati, tramite fiabe e leggende, i fondamenti della loro religione. Un’altra cosa importante erano i figli, che per i Lakota erano considerati doni-del-cielo. Non venivano mai picchiati, ma crescevano rispettando comunque le leggi e i loro genitori. Mai una famiglia Lakota avrebbe abbandonato anche un solo figlio, o quasi mai. Solo in un caso ciò poteva avvenire, se i figli appena nati avevano delle malformazioni. Venivano abbandonati nei boschi, ma non per vergogna di farli vedere agli altri membri del clan, solo perché non avrebbero potuto vivere “normalmente”, e fare tutto ciò che facevano gli altri.

I bambini erano il futuro della nazione!

Quando un uomo Lakota pregava si rivolgeva ai 4 spiriti dei punti cardinali. Ogni spirito ha un colore che lo caratterizza e che esprime un preciso significato, non vi sono invece icone rappresentanti divinità. I 4 spiriti erano quello dell’ovest-nero, quello dell’est-rosso, quello del nord-bianco, quello del sud-giallo. I più temuti erano quello dell’ovest e quello dell’est. Alcuni, quelli più tradizionalisti, pregavano anche lo spirito del fratello cielo-blu e quello della madre terra-verde affinché le loro parole fossero ascoltate. Ognuno di essi ha un nome Lakota, ma forse dilungandomi diventerei tedioso. Posso solo aggiungere che il padre di tutti gli spiriti, e di tutti i Lakota, è il Grande Spirito, considerato il padre di tutte le cose inanimate ed animate (ogni Lakota crede che le piante e le pietre abbiano un anima, basti pensare che la pietra Iktomi è una divinità a se stante). Non esistono Demoni o il Diavolo come noi cristiani li immaginiamo. Quando per la prima volta chiesi ai Lakota che aspetto avesse la malvagità, loro mi risposero che non esisteva uno spirito malvagio come lo intendiamo noi, inoltre un Lakota non attribuirebbe mai sembianze di animale ad una entità maligna. Gli animali sono considerati cugini, ed è per questo che i Lakota non condividono la nostra scelta di associare a Lucifero l’immagine di una capra, ed al serpente l’immagine del male, anche perché per i Lakota il serpente è sacro. Non posso dilungarmi oltre su questo argomento, ritenuto sacro ed inviolabile, ma forse in un mio prossimo articolo, dopo aver ottenuto il permesso anche del Grande Spirito, potrò farlo. Posso aggiungere che anche io sono rimasto estasiato da questa religione, da questo modo di rispettare la natura e gli animali. Non sono un semplice turista che ammira i Lakota, li rispetto, li capisco e alcune volte vivo con loro e prego con loro. Alcuni Lakota miei amici vivono qui in Italia, altri invece viaggiano di continuo, ma la maggioranza, purtroppo, non se la passa molto bene. Infatti, ecco il punto più doloroso per me. A causa delle riserve ideate dagli U.S.A., le loro tradizioni e i costumi antichi si sono persi, pian piano silenziosamente la lingua è stata soppressa, ora c’è l’inglese, la religione è stata dimenticata, ora c’è il cristianesimo. Un popolo che aveva un tradizione orale si è sottomesso alla scuola dei bianchi, alle loro leggi. Quando i Lakota videro il primo uomo bianco, a differenza dei poveri Maya, lo considerarono pericoloso e non una divinità, lo chiamarono Wasichu (si legge vasiqu e significa bianco-come-la-neve) e impararono ad averne paura. Si incominciò con la costruzione delle ferrovie, che divisero le mandrie di bisonti, poi vennero i cacciatori dei medesimi (chi non ha sentito parlare di Buffalo Bill), poi arrivò il whisky e tante malattie come il vaiolo, la peste, eccetera. Ci furono anche novità positive (sono pochissime) come l’arrivo del cavallo, che i Lakota chiamavano il cane-alce, poiché non avevano mai visto un animale così strano. I Lakota, ma anche tutti gli altri Nativi americani, dopo l’avvento degli statunitensi morirono di fame per diverse cause: non erano uniti, non erano allevatori ma cacciatori, nelle riserve pativano eccessivamente la prigionia, il governo americano non dava le razioni di cibo che prometteva, i bufali erano scomparsi, e se c’erano non potevano cacciarli perché nelle riserve c’era il divieto di possedere armi.

Proprio in quel periodo, quando anche l’ultima tribù, la più selvaggia, gli Apache (che si legge apaci) si arrese, finì la storia di libertà cantata da un popolo nobile quale i Nativi. Oggi i Nativi hanno ottenuto qualche diritto in più, anche se ormai risulta essere troppo tardi. La maggior parte di loro ha vissuto da disadattati ed emarginati, coloro che sono rimasti nelle riserve hanno vissuto in miseria, quelli che se ne sono andati hanno trovato lo squallore delle metropoli. Ma la cosa più dannosa è stato l’abuso di alcool. I Nativi non sopportano l’alcool e basta poco per ubriacarsi, il passo da lì alla prigione è breve.

Come  accennavo, ultimamente hanno avuto qualche piccolo riconoscimento, ad esempio avere il conforto religioso in galera (prima ai Nativi non era concesso avere un uomo-medicina, ma dovevano essere confessati dai preti cristiani, negando ad un condannato a morte il conforto della sua religione). È un piccolo passo e senza dubbio si potrebbe fare qualcosa in più.

Per ultima cosa vorrei farvi riflettere su due argomenti molto importanti riguardanti la disfatta di questo popolo:

1) venne continuamente operata un’azione di attentato alla loro libertà. I Nativi non possedevano la concezione di galera, strumento prediletto dai bianchi per annullare tale libertà, per cui quando i primi di essi furono rinchiusi nei carceri (senza un motivo plausibile) spesso si suicidavano o impazzivano;

2) alcune compagnie multinazionali hanno chiesto e ottenuto i diritti di sfruttare le riserve, scavando ed inquinando, alla ricerca di materiali preziosi, anche tutt’ora che vivono un po’ più al sicuro nelle riserve.

Volete sapere cosa penso io? Quali terribili pensieri mi sono venuti rileggendo questo articolo? Ve li espongo subito con un semplice esempio.

Se io abitassi nel mio paese incontaminato, senza conoscere la parola sfiducia, la parola avidità, e un governo estraneo si prendesse con la forza la mia proprietà e mi mettesse in una riserva, e poi, dopo molte battaglie, anche non vivendo nella serenità e nel benessere, raggiungessi una relativa calma e infine, lo stesso governo “conquistatore” volesse ulteriormente impadronirsi di questi minuscoli pezzi di terra che mi sono rimasti, cosa dovrei fare? Sarei costretto a vivere da emarginato in una terra che prima era completamente a mia disposizione.

Spero che questi stessi pensieri possano nascere anche in voi. Solo così si potrà reagire.

Dicembre 2002

 

Domenico Cosentino

 

 

 

Tepee

Tepee, abitazioni originarie dei Nativi americani.

Per essi il cerchio è il simbolo della vita, dove tutto ha un inizio ed una fine,

ed è per questo che tali costruzioni erano (e sono tuttora) di forma circolare.

 

 

   
     

 

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