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Associazione Culturale Micene

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- Il Festival di Sanremo -

 

"Venghino signori venghino al più grande spettacolo del mondo televisivo!".
Il carro carnascialesco della riviera sta per muoversi: noi tutti ci saliremo, ed è forse l'unico autobus che prendiamo al volo anche se probabilmente non è un'occasione così irripetibile... ogni anno transita.
Eppure questa è l'unica manifestazione popolare legalmente riconosciuta in Italia, capace di unire ceti, generazioni, mentalità diverse, come nessun altra riesce a fare, neppure la politica o lo sport.
I "gruppi d'ascolto e di visione" del Festival sono probabilmente l'aspetto migliore della manifestazione: avete presente quelle rimpatriate con amici (o inviti da colleghi) per commentare le canzoni (pardon, le mises delle vallette) in gara? Sono momenti di aggregazione straordinaria, vere e proprie occasioni di esporre il proprio spirito critico con corrosività (pure Umberto Eco fece un'operazione del genere, in radio, circa trent'anni fa); ottime occasioni, dicevo: peccato che dopo sole tre canzoni i discorsi cominciano a planare inevitabilmente sui "ti ricordi, tanti Sanremo fa...", e sulla "nostalgia canaglia" (appunto: molti Sanremo fa!). E alla fine rimane un pensiero in testa: gli amici se ne vanno, che inutile serata...
In passato molti intellettuali capirono lucidamente la grandezza della manifestazione, Pasolini su tutti: una grandezza che col passare degli anni si è fatta immane, anzi elefantiaca. Diciamolo a Baudo: "Pippo, c'è il rischio che l'Ariston imploda!".

Un crollo felliniano del teatro è in vista: ci vorrà un superdirettore a riedificarlo? Tutti, se potessero, sfilerebbero per un solo minuto sul palco della sacra rappresentazione dell'età moderna.
Le canzoni. Da diversi anni ormai, solo i superesperti ricordano il podio dell'anno precedente; il Festival sta vivendo sicuramente un periodo di crisi, quasi certamente iniziato con l'edizione del 1998 con la vittoria della meteora Annalisa Minetti: di lei si parlò unicamente per il suo difetto fisico, e non certo per il brano che presentò (difficilmente ricordabile oggi, stante la mediocrità della canzone). Ecco, da quell'anno in avanti la mediatica attenzione sul Festival si è spostata, gradualmente ma inesorabilmente, sull'ospite d'onore (o d'onere?); da Gorbaciov a Benigni, passando per Bono Vox e Fiorello. E i brani? Il livello non è stato scadente come si potrebbe pensare: "Sentimento" degli Avion Travel (vinse nel 2000), "Raccontami" di Renga, e la stessa "Salirò" di Silvestri meritano di entrare nel novero delle migliori canzoni festivaliere, solo per fare qualche esempio. Ma l'immaginario collettivo però rimanda la mente alle (giustamente) storiche canzoni fischiettabili nei Cinquanta e nei Sessanta:
le finestre da aprire sul viale d'autunno oppure... addio, addio: non ho l'età per amarti.
Sanremo non è lo specchio dell'Italia: è qualcosa di molto meno riflettente e più profondo che nessuno è riuscito a definire compiutamente. O forse il Festival è un emozionante scherzo di Carnevale: noi giochiamo, sì (la competizione è tutto sommato sfumata), intanto all'ascolto il cuore ci batte, palpita... Cosa che, divertendosi, non accade spesso.

 

 

27 febbraio 2003

 

Matteo Cogorno

 

   
     

 

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